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Si chiama Displaced, la prima mostra antologica dedicata al grande fotografo irlandese Richard Mosse alla Fondazione MAST di Bologna.
Curata da Urs Stahel, la mostra, che si terrà dal 7 maggio al 19 settembre 2021, presenta un’ampia selezione dell’opera di Mosse, una esplorazione tra la fotografia documentaria e l’arte contemporanea su Migrazione, Conflitto e Cambiamento climatico.
Percorso espositivo della mostra
La mostra si compone di 77 fotografie di grande formato, inclusi i lavori più recenti della serie Tristes Tropiques (2020), realizzati nell’Amazzonia brasiliana. Oltre a queste straordinarie immagini, la mostra propone anche due monumentali videoinstallazioni immersive, The Enclave (2013) e Incoming (2017), un grande video wall a 16 canali Grid (Moria) (2017) e il video Quick (2010).
Dai primi lavori scattati in Bosnia, Kosovo, nella Striscia di Gaza, lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti caratterizzati dall’assenza quasi totale di figure umane, che documentano le zone di guerra dopo gli eventi, si passa alla serie Infra ambientata in Congo utilizzando Kodak Aerochrome, una pellicola da ricognizione militare sensibile ai raggi infrarossi, messa a punto per localizzare i soggetti mimetizzati.
La pellicola registra la clorofilla presente nella vegetazione, con il risultato che la lussureggiante foresta pluviale congolese viene trasfigurata in uno splendido paesaggio surreale dai toni del rosa e del rosso. Sono fotografati paesaggi maestosi, scene con ribelli, civili e militari, le capanne in cui la popolazione, sempre in fuga, trova momentaneo riparo da un perenne conflitto combattuto con machete e fucili.
La serie fotografica Heat Maps e l’installazione audiovisiva Incoming sono lavori realizzati tra il 2014 e il 2018 dove Mosse si è concentrato sulla migrazione di massa e sulle tensioni causate dalla dicotomia tra apertura e chiusura dei confini, tra compassione e rifiuto, cultura dell’accoglienza e rimpatrio.
Sono immagini straordinarie dei campi profughi Skaramagas in Grecia, Tel Sarhoun e Arsal in Libano, Nizip in Turchia, Tempelhof a Berlino e molti altri: qui Mosse impiega una termocamera in grado di registrare le differenze di calore nell’intervallo degli infrarossi. Si tratta di una tecnica militare che consente di “vedere” le figure umane fino a una distanza di trenta chilometri, di giorno come di notte.
Le immagini sono apparentemente nitide, precise e ricche di contrasto. A un esame più attento, invece, non si riescono a distinguere i dettagli ma solo astrazioni: persone e oggetti sono riconoscibili solo come tipologie, nei loro movimenti o nei contorni, ma non nella loro individualità e unicità.
Tristes Tropiques è infine la serie più recente di Mosse: documenta con la precisione della tecnologia satellitare la distruzione dell’ecosistema ad opera dell’uomo. Mosse ha scattato queste fotografie di denuncia lungo “l’arco del fuoco”, nel Pantanal, il fronte di deforestazione di massa nell’Amazzonia brasiliana. Ogni mappa mostra i delitti ambientali perpetrati su vasta scala, diventando per il fotografo un archivio che li documenta.
Info e biglietti
Aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 20.
Ingresso gratuito su prenotazione da effettuare online (almeno un giorno prima durante i weekend).
Catalogo della mostra
Il catalogo che accompagna la mostra propone tutte le immagini esposte oltre a un saggio critico del curatore della mostra Urs Stahel e testimonianze di Michel J. Kavanagh, Christian Viveros-Fauné e Ivo Quaranta. Il volume, edito dalla Fondazione MAST, è distribuito da Corraini ed è disponibile in libreria e online.